Negli ultimi anni, grazie all’incentivo del Superbonus 110%, migliaia di edifici in Italia sono stati ristrutturati con l'obiettivo di migliorarne l'efficienza energetica. Cappotti termici, serramenti nuovi, isolamento del tetto, sostituzione degli impianti: interventi importanti che, sulla carta, promettevano case più calde d'inverno e più fresche d'estate.
Tuttavia, in moltissimi casi, l’intervento energetico non è stato accompagnato da una corretta gestione del microclima interno, né da una valutazione completa delle caratteristiche dell’edificio esistente. Il risultato? Problemi gravi e diffusi di
muffa sulle pareti,
condensa interna,
umidità di risalita capillare.
Vediamo perché è successo e come si può intervenire.
🧱 Da case che "respiravano" a edifici "ermetici"
Prima del Superbonus, molti edifici — soprattutto costruzioni degli anni ‘60, ‘70 o precedenti — non erano ben isolati, ma avevano una traspirabilità naturale: spifferi, pareti non isolate, infissi vecchi permettevano un minimo di ricambio d’aria.
Con l’intervento del 110%, invece:
Si sono installati cappotti termici esterni che limitano la traspirabilità dei muri;
Si sono montati infissi ad alta tenuta che eliminano gli spifferi (e il ricambio d’aria naturale);
In molti casi, non si è installato alcun sistema di ventilazione forzata.
Il risultato è che l’umidità prodotta dalle normali attività quotidiane (cucinare, respirare, fare la doccia) non trova più via di fuga, e finisce per condensarsi sulle pareti fredde o nelle zone meno ventilate.
☠️ Muffa e condensa: i nemici silenziosi del comfort (e della salute)
Quando si crea condensa superficiale, la muffa trova un ambiente ideale per proliferare. Le zone più colpite sono:
gli angoli tra pareti e soffitti,
dietro i mobili,
lungo i bordi delle finestre,
e soprattutto sul lato interno delle murature isolate esternamente (dove si creano punti freddi).
Oltre al disagio estetico, la muffa rappresenta un rischio concreto per la salute: può provocare allergie, asma, irritazioni respiratorie, mal di testa e affaticamento cronico. Non solo: può danneggiare intonaci, pitture, e perfino strutture in legno o muratura.
💧 Umidità di risalita: un effetto collaterale (spesso ignorato)
Un altro problema segnalato dopo le ristrutturazioni “110%” è l’umidità di risalita capillare. Spesso succede questo:
Viene applicato un cappotto senza isolare correttamente la base delle murature;
L’umidità presente nel terreno trova vie di risalita nei muri, ma resta intrappolata perché non può più evaporare all’esterno;
Col tempo, si manifesta sotto forma di aloni, rigonfiamenti, pitture scrostate e salnitro nella parte bassa dei muri (soprattutto piano terra e seminterrati).
Un errore comune è pensare che il cappotto “risolva tutto”: in realtà, se non viene fatto uno studio igrometrico completo, può causare più danni che benefici.
🔧 Come intervenire (e prevenire) correttamente
Chi si trova oggi con questi problemi, ha solo due strade: intervenire con soluzioni mirate o lasciare che il degrado continui. Ecco le azioni più efficaci:
Installare un sistema di Ventilazione Meccanica Controllata (VMC)
È la soluzione più efficace per eliminare la condensa, ridurre l'umidità in eccesso e migliorare la qualità dell’aria indoor.
➜ Con la VMC l’aria viene costantemente rinnovata, mantenendo il giusto equilibrio termo-igrometrico senza dispersioni di calore.
Diagnosi dell’umidità
Un’analisi professionale con termocamera, igrometro e test murari permette di capire se si tratta di umidità di risalita, condensa o infiltrazioni.
Interventi murari mirati
In caso di risalita capillare, è possibile agire con barriere chimiche, intonaci deumidificanti, oppure con sistemi più avanzati (elettrosmosi, deumidificazione strutturale, ecc.).
Corretto isolamento alla base del cappotto
In fase di ristrutturazione, è fondamentale prevedere tagli termici orizzontali e barriere impermeabili alla base delle murature.
🛑 Superbonus sì, ma con intelligenza tecnica
Il Superbonus 110% ha rappresentato un’occasione unica per riqualificare il patrimonio edilizio italiano. Tuttavia, non si può intervenire sull’efficienza energetica ignorando la fisica dell’edificio e la qualità dell’aria interna.
Troppi lavori sono stati eseguiti in fretta, senza un’adeguata progettazione igrotermica. Ora, la parola d’ordine deve essere: correggere, proteggere e ventilare.